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Psicoterapia dei Disturbi alimentari


La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale nell’Anoressia e nella Bulimia (CBT-E)

La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale (CBT-E) dell’Anoressia Nervosa e della Bulimia Nervosa è focalizzata sull’individuazione e interruzione degli specifici processi cognitivi e dei comportamenti problematici implicati nel mantenimento del Disturbo Alimentare.

L’intervento psicoterapeutico si fonda sull’assunto secondo cui il nucleo psicopatologico centrale di tali Disturbi del Comportamento Alimentare (v. articolo) è costituito dall’eccessiva valutazione del peso, della forma del corpo e del controllo dell’alimentazione da parte della persona.
In tal senso si rileva che, mentre una persona che non soffre di Anoressia o Bulimia giudica se stessa in base alle proprie prestazioni percepite in vari ambiti della sua vita quotidiana (es. capacità in ambito relazionale, scolastico, lavorativo, etc.), viceversa la persona con Disturbo Alimentare manifesta una valutazione di sé (autostima) centrata prevalentemente o esclusivamente sul suo peso corporeo, sulla forma del suo corpo e sulla propria capacità di controllare questi ultimi.

Tale criterio di valutazione patologico sotteso all’autostima rappresenta un fattore di primaria importanza nel mantenimento dei disturbi dell’alimentazione. Relativamente a ciò, infatti, si evidenzia come la maggior parte dei sintomi presentati (es. desiderio di raggiungere e mantenere un peso molto basso, dieta ferrea, esercizio fisico eccessivo e compulsivo, vomito autoindotto, uso improprio di lassativi e di diuretici, etc.) rappresenta la conseguenza di questa convinzione problematica di base.
Strettamente connesse a tale aspetto sono le crisi bulimiche, ovvero le ‘abbuffate’ (v. articolo), le quali risultano essere l’effetto del costante sforzo di restringere in modo ferreo l’alimentazione evitando drasticamente determinati ‘cibi proibiti’, oppure costituiscono il tentativo disfunzionale attuato al fine di trarre sollievo da stati emotivi dolorosi (quali tristezza, ansia, senso di solitudine, rabbia, noia, etc.) che la persona sperimenta frequentemente.

Parallelamente a ciò, nelle persone che soffrono di un Disturbo Alimentare sono frequentemente presenti uno o più dei seguenti fattori psicologici problematici, i quali svolgono un importante ruolo nell’acuire i sintomi del disturbo, generando il mantenimento della situazione problematica:

  • perfezionismo clinico;
  • bassa autostima;
  • difficoltà interpersonali.

A fronte di tale quadro sintomatologico, la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale nei Disturbi dell’Alimentazione (CBT-E) utilizza strategie e procedure terapeutiche sequenziali finalizzate ad affrontare la specifica psicopatologia presentata dal paziente.
A tal fine, lo psicoterapeuta e la paziente lavorano assieme come una “squadra” per superare il disturbo dell’alimentazione, sulla base di una solida alleanza terapeutica.

In tale direzione, in seguito ad un’accurata valutazione psicodiagnostica, mirata all’individuazione della tipologia e della gravità della psicopatologia presentata, il trattamento psicoterapeutico prevede varie fasi ognuna delle quali persegue specifici obiettivi, condivisi tra psicoterapeuta e paziente.
A causa delle complicanze fisiche frequentemente presenti nei Disturbi Alimentari, è sempre necessario che al momento di inizio del percorso psicoterapeutico la paziente effettui una valutazione medica, mediante analisi del sangue ed eventuali ulteriori esami medici, finalizzata ad esaminare lo stato fisico.

La prima fase dell’intervento psicoterapeutico, maggiormente intensiva, prevede generalmente due sedute alla settimana ed è focalizzata su vari obiettivi fondamentali, quali la costruzione di una formulazione personalizzata dei processi di mantenimento del problema alimentare, l’instaurazione dell’automonitoraggio (diario alimentare quotidiano), il quale costituisce lo strumento fondamentale per la paziente ai fini di acquisire consapevolezza dei pensieri, delle emozioni e dei comportamenti connessi al problema e di facilitarne la correzione.
In tale fase iniziale, un obiettivo terapeutico che assume fondamentale importanza è l’identificazione degli specifici meccanismi di mantenimento del disturbo alimentare, dei quali la paziente dovrà acquisire consapevolezza e decidere di affrontarli durante il percorso psicoterapeutico.
Nelle pazienti fortemente ambivalenti verso la guarigione dal disturbo alimentare (come precedentemente esplicitato, l’iniziale ‘negazione’ del problema, la scarsa motivazione e la resistenza verso il cambiamento sono particolarmente frequenti soprattutto nell’Anoressia Nervosa), la fase iniziale dell’intervento è finalizzata soprattutto ad aiutare la paziente ad individuare e superare i motivi, le convinzioni e le paure che la costringono a mantenere la situazione attuale.

Tale fase risulta spesso la più difficile per la paziente a causa dell’intensa angoscia provocata dalle paure sottostanti il comportamento alimentare attuale, le quali ostacolano la capacità di decidere di guarire.

In seguito alla identificazione dei meccanismi di mantenimento del problema (ovvero sulla base della comprensione delle conseguenze deleterie che l’attuale modalità di alimentazione, le condotte compensatorie, il pensiero ossessivo sulle calorie e sul peso, i comportamenti di controllo del corpo, etc. generano sulla persona), il trattamento psicoterapeutico inizia ad intervenire sulla pianificazione dei pasti, sulla graduale e concordata regolarizzazione e normalizzazione dell’alimentazione, sulla gestione delle abbuffate e dei fattori scatenanti ad esse associate, sui comportamenti di compensazione.
Parallelamente, vengono individuate ed affrontate le regole alimentari sottese alla rigidissima restrizione ed ai cibi temuti, la persona inizia a valutare criticamente la validità delle paure e delle convinzioni da cui le regole discendono, ed impara gradualmente a correggerle ed a superarle.

In seguito all’alleviarsi dei sintomi ed alla valutazione dei progressi raggiunti rispetto agli obiettivi stabiliti tra paziente e psicoterapeuta, le sedute sono effettuate a cadenza settimanale, ed il percorso procede focalizzandosi sulle preoccupazioni per la forma del corpo (controllo e/o evitamento del corpo, confronto con il corpo degli altri, distorsione dell’immagine corporea, sensazione di ‘essere grassa’, etc.), sulla restrizione dietetica cognitiva e calorica, sugli eventi ed emozioni che influenzano negativamente l’alimentazione.
In direzione parallela rispetto al superamento dei sintomi caratteristici del DCA, l’intervento psicoterapeutico mira ai fattori psicologici che creano sofferenza alla persona e che costituiscono degli importanti fattori di mantenimento del disturbo alimentare, quali le problematiche legate all’autostima, gli stati ansiosi, le conflittualità interpersonali, le difficoltà relative alla gestione degli impulsi e degli stati d’animo dolorosi, etc.

Infine, durante la fase finale dell’intervento l’attenzione è centrata sul futuro della persona, ed il lavoro tra paziente e psicoterapeuta è finalizzato a consolidare e stabilizzare i cambiamenti cognitivi e comportamentali raggiunti, a valutare l’entità dei sintomi residui, ad affrontare le eventuali problematiche importanti individuali o interpersonali ancora presenti o recentemente emerse, ed a ridurre i rischi di ricaduta a lungo termine.

Il percorso di psicoterapia (trattamento ambulatoriale) è considerato il trattamento di elezione nella cura dei Disturbi del Comportamento Alimentare.
Tuttavia il trattamento ambulatoriale non può essere attuato nella circostanza in cui siano presenti alti livelli di gravità quali:
– Grave o rapida perdita di peso
– Gravi complicanze mediche
– Frequenza molto elevata di crisi bulimiche, vomito ed uso improprio di farmaci
– Multi-impulsività, comportamenti autoaggressivi, elevato rischio suicidario
– Elevata comorbilità psichiatrica (asse I e II).

In tali casi il tipo di intervento più adatto è generalmente il trattamento semi-residenziale in Day-Hospital, il ricovero ordinario o residenziale in strutture specializzate.

Motivazione e resistenza al cambiamento nei Disturbi Alimentari
Come precedentemente esplicitato, la buona riuscita dell’intervento psicoterapeutico CBT-E nei Disturbi Alimentari necessita di una solida alleanza ed un’attiva collaborazione tra paziente e terapeuta, ovvero la motivazione al cambiamento e l’impegno e lo sforzo del paziente nel seguire le indicazioni terapeutiche ricevute e nell’attuare i piccoli passi gradualmente indicati costituiscono le condizioni indispensabili per la possibilità del trattamento e per il suo buon esito.
I pazienti che manifestano un Disturbo Alimentare (soprattutto nei casi di Anoressia) presentano frequentemente una iniziale ‘negazione’ del problema, una scarsa o instabile motivazione intrinseca, ed una notevole difficoltà ad abbandonare determinate convinzioni sottese ai sintomi.
Ciò è generalmente provocato dalla caratteristica egosintonia dei sintomi, dal terrore di perdere il controllo.
Le difficoltà nella motivazione o nel miglioramento sintomatologico possono inoltre essere determinate dalla lunga durata del disturbo, dalla comorbilità con Disturbi di Personalità, dalla presenza di specifici sintomi, etc.
Inoltre, l’esito del trattamento può essere ostacolato da un ambiente familiare tendente a reagire ai sintomi con ostilità o viceversa con controproducente iperprotezione, con negazione della gravità del quadro clinico (in alcuni casi a causa della scarsa conoscenza del disturbo, in altri a causa di grave ansia che impedisce di accettare una realtà difficile, o infine a causa di immotivata diffidenza verso le figure professionali preposte alla cura del disturbo), oppure con aspettative irrealistiche legate ai tempi necessari alla persona affetta dal disturbo per raggiungere un miglioramento visibile.
In molti casi quest’ultimo fattore genera nella persona affetta dal disturbo alimentare reazioni emotive di intensa rabbia, ansia, vergogna, e scoraggiamento, che possono condurre ad arrendersi pur essendo in realtà vicine al raggiungimento di apparentemente piccoli ma in realtà grandi obiettivi.
Le persone che presentano specifici tratti caratteriali disfunzionali sottesi al Disturbo Alimentare (es. marcata impulsività, marcato evitamento di qualsiasi situazione temuta, sfiducia e difficoltà a chiedere l’aiuto degli altri, grave abbattimento di fronte alle difficoltà o ‘imperfezioni’ nell’esecuzione di quanto stabilito con il terapeuta con conseguente perdita di fiducia in se stessi, convinzione di dover risolvere qualsiasi problematica psicologica autonomamente, etc.), oppure Disturbi di Personalità conclamati in comorbilità con il Disturbo Alimentare, possono sperimentare maggiori difficoltà rispetto ad altri pazienti con la medesima diagnosi di disturbo alimentare sia nella fase di costruzione che nel mantenimento della motivazione al cambiamento, presentando un alto rischio di drop-out (interruzione prematura del trattamento).
In molti casi, ma non in tutti, tali problematiche iniziali riescono ad essere riconosciute e successivamente superate dalla persona.

AUTORE: Dott.ssa M. Gaudio – Psicologa Psicoterapeuta
sedi: Mirano (Venezia) – Padova

Dott.ssa M. Gaudio

Psicologa Psicoterapeuta


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Le persone pensano ed agiscono sulla base dei significati che gli eventi hanno per loro, pur non avendo sempre consapevolezza di ciò che fa emergere questi significati

A. Salvini, 1998

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